Colposcopia

La Colposcopia – dal greco kolpos (vagina) e skopeo (osservazione) – è un esame ambulatoriale che permette di osservare direttamente la cervice uterina, di individuare sede, tipo ed estensione di eventuali lesioni precancerose o inizialmente invasive del collo dell'utero e di fare i necessari trattamenti.

Si usa un apposito strumento, detto colposcopio, una sorta di microscopio in grado di analizzare cute e mucose grazie alla possibilità di ingrandimenti compresi tra 5x e 40x per mezzo di un'adeguata illuminazione ottenuta mediante un cavo a fibre ottiche; esso è generalmente montato su un sostegno completamente mobile.

Quando è necessario eseguire una colposcopia?

  • Pap test anomalo
  • Accertamento diagnostico in pazienti sintomatiche o asintomatiche, quale completamento dell'esame ginecologico che ha indicato un sospetto clinico (anche in gravidanza)
  • Guida all'approccio diagnostico-terapeutico nelle pazienti con CIN (anche in gravidanza)
  • Guida visiva per effettuare prelievi bioptici  (biopsie mirate) e trattamenti terapeutici fisici (elettrocoagulazione, vaporizzazione laser, ecc.) in pazienti con anomalie al pap test
  • Diagnostica ed eventuale terapia mirata delle malattie virali (condilomi) e sessualmente trasmesse (MTS) in senso generale
  • Controllo nel tempo delle terapie fisiche e mediche delle vie genitali inferiori
  • Monitoraggio delle pazienti a rischio
  • Perdite ematiche postcoitali

La tecnica colposcopica

Dopo aver fatto accomodare la paziente ed aver introdotto lo speculum vaginale si inizia ad osservare la cervice dopo aver praticato un’accurata e delicata detersione mediante l’uso di batuffoli e soluzione fisiologica, a basso ingrandimento (osservazione senza preparazione o diretta). In questa fase, se necessari, possono essere praticati uno striscio colpocitologico e/o un test per la ricerca dell’HPV  avendo l’avvertenza di non raschiare la cervice troppo energicamente per evitare un sanguinamento che potrebbe creare difficoltà nell’interpretazione del successivo quadro colposcopico. Possono altresì essere scattate fotografie o “freezate” immagini durante la registrazione con videocamera per poter essere poi salvate e archiviate.

A questa prima fase segue quella che vede l’impiego di acido acetico al 3% (o in casi particolari al 5%) che viene applicato delicatamente sul collo mediante un batuffolo di ovatta o un bastoncino/tamponcino di ovatta o ancora aspirato in una siringa da 3 o 5 cc. e spruzzato delicatamente sul collo, sfruttando il fatto che il reattivo con questa modalità si distribuisce uniformemente sulla cervice e sulla vagina. L’acido viene lasciato in situ per 15-30 secondi e poi rimosso insieme con l’eventuale muco. L’acido acetico determina il rigonfiamento del tessuto e in particolare dell’epitelio colonnare  e di quello anormale; quest’ultimo appare come un epitelio bianco di solito ben distinguibile dal normale epitelio di colorito roseo: questo perché l’illuminazione del colposcopio evidenzia il rossore della trama capillare sub epiteliale. Poiché l’effetto dell’acido acetico dipende dalla quantità di proteine nucleari presenti ne consegue che l’epitelio anormale, a causa della sua più elevata densità nucleare e, di conseguenza della più alta concentrazione di proteine, va incontro alla massima coagulazione (flocculazione) delle proteine stesse impedendo alla luce di attraversarlo. La trama capillare sub epiteliale è dunque meno visibile e quindi l’epitelio appare bianco e l’intensità del bianco sarà tanto più evidente quanto più alta è la concentrazione delle proteine. Ovviamente, poichè l’effetto dell’acido acetico dopo 30-40’’ svanisce, se necessario l’applicazione può essere ripetuta.

A questa segue poi l’ultima fase che si concretizza nel cosiddetto test di Schiller il cui principio sta nel fatto che l’epitelio squamoso normale maturo è caratterizzato da un’abbondanza di glicogeno mentre l’epitelio anormale ne contiene poco o nulla. Pertanto l’applicazione della soluzione di Lugol alle cellule epiteliali normali produce una colorazione marrone scuro mentre l’epitelio colonnare endocervicale e quello anormale, entrambi scarsamente glicogenizzati, restano relativamente privi di colore.

La visione ingrandita e quindi molto precisa dell'area da trattare, assicura la totale sicurezza, la non invasività e l’innocuità della metodica colposcopica. Nel complesso la procedura dura dai dieci ai quindici minuti.

A questo punto, se necessario, l’operatore può praticare prelievi bioptici [vedi Biopsia] in corrispondenza di quelle aree che presentano aspetti colposcopici significativamente patologici, inviando successivamente il materiale bioptico così ottenuto all’esame istologico.

Non raramente si rende necessario praticare un prelievo bioptico in corrispondenza di un’area colposcopicamente alterata, indice di possibile patologia.


DR. SANDRO M. VIGLINO
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