L’endometrio è la mucosa che riveste la cavità uterina, una sorta di moquette che ricopre la cavità interna dell’utero e che ad ogni ciclo viene rinnovata ed espulsa col sangue mestruale. Ovviamente questi cambiamenti sono determinati dall’attività ovarica (ciclo ovarico) che, mediante la produzione di estrogeni e progesterone induce delle modificazioni dell’endometrio che cresce e degenera ad ogni ciclo (ciclo mestruale). Vi sono casi in cui piccoli frammenti di endometrio dotati di alta capacità di adesività migrano al di fuori della cavità uterina e vanno ad impiantarsi sugli organi contigui all’utero (ovaio, vescica, retto, peritoneo, ecc.). Queste isole ectopiche (fuori sede) di endometrio, rispondono però alle stesse leggi che regolano l’attività dell’endometrio normale (in sede). Pertanto, ad ogni ciclo, in coincidenza con l’evento mestruale anche l’endometrio “ectopico” si comporterà come l’endometrio normale, degenererà e… sanguinerà. Questo è il meccanismo fisiopatologico che sta alla base di quella condizione morbosa conosciuta come ENDOMETRIOSI.
L’endometriosi è una patologia dell’età riproduttiva e interessa circa il 10 – 15% delle donne che si trovano in questa fase della vita; essa interessa il 30 – 50% delle donne infertili o che hanno comunque difficoltà a concepire, con un picco che si attesta tra i 25 e i 35 anni (anche se ovviamente casi di endometriosi possono essere diagnosticati pure in donne di età più avanzata o più precoce). Si calcola che in Italia le donne affette da questa condizione siano circa 3 milioni, in Europa circa 14 milioni.
Le cause di questa patologia non sono ancora del tutto note. Certamente uno dei meccanismi più accreditati è quello legato ad una sorta di “reflusso” di sangue mestruale (mestruazione retrograda) attraverso le tube nei casi in cui il flusso mestruale risulta particolarmente abbondante; in questi casi parte del sangue mestruale refluisce attraverso le tube in peritoneo e l’endometrio in esso contenuto va ad impiantarsi sulla superficie degli organi contigui (ovaio, vescica, retto, peritoneo, ecc.) e lì si sviluppa.
Altri fattori però sono stati chiamati in causa. Uno di questi è la disseminazione per via linfatica o ematica
Secondo tale teoria, le cellule dell'endometrio potrebbero raggiungere altri organi (es: polmoni o reni), attraverso il sistema linfatico o il sangue (mediante le vene pelviche).
La teoria della disseminazione per via linfatica ed ematica è l'ipotesi più accreditata per spiegare tutte le localizzazioni di endometrio al di fuori della cavità pelvica. Un’altra teoria è quella che potremmo definire “metaplastica” cioè di trasformazione delle cellule del peritoneo in cellule endometriali.
Altra teoria è quella ormonale la quale sostiene che, in alcuni soggetti, l'endometriosi dipenderebbe dall'attività degli estrogeni, i quali, durante la pubertà femminile, indurrebbero la trasformazione in cellule endometriali di alcune cellule, destinate in origine a diventare altro, una sorta cioè di errata migrazione di gruppi di cellule durante il processo di embriogenesi. Un’altra teoria è quella della predisposizione genetica alla base della quale starebbe l’osservazione che un numero non trascurabile di donne portatrici di endometriosi hanno un parente di primo grado (ovviamente di sesso femminile) affetto dalla medesima condizione. Altra ipotesi è quella iatrogena, cioè la possibilità di impianto di tessuto endometriale sulle cicatrici chirurgiche, successive a taglio cesareo o a operazioni di rimozione dell'utero (isterectomia).
Un’ultima teoria (ma non meno importante) riguarda l’alterazione immunitaria endoperitoneale. Normalmente, il sistema immunitario riconosce come estranee le cellule dell'endometrio che sono refluite in cavità addominale, al momento della mestruazione, e le elimina.
In base alla teoria dell'alterazione immunitaria endoperitoneale, un'anomalia del sopraccitato meccanismo immunitario, indotta da una mutazione genetica, consentirebbe ad alcune cellule endometriali di sopravvivere e moltiplicarsi. A questo proposito vanno assumendo sempre più importanza i cosiddetti interferenti endocrini (endocrine disruptors). Si tratta di composti e prodotti chimici che includono pesticidi ed erbicidi, sostanze ignifughe contenute in molti tessuti come il Tetrabromobisfenolo A , elasticizzanti della plastica come il Bisfenolo A, o componenti della dieta come i fitoestrogeni e inoltre diossine, furani, ftalati e PCB (bifenili policlorurati). L’esposizione della popolazione è tipicamente dovuta alla contaminazione della catena alimentare, all’inalazione di fumi domestici e ambientali o all’esposizione professionale. Queste sostanze, infatti, si legano ai recettori degli estrogeni presenti nelle cellule, alterandone così il normale funzionamento, con effetti anche gravi sulla salute. Un recente studio francese (Environ Int. 2016 Dec;97:125-136) ha evidenziato che le donne affette da endometriosi severa avevano nel sangue, e nel tessuto grasso, una concentrazione elevata di diossine e pesticidi organoclorurati.
Dal punto di vista sintomatico, l'endometriosi è una condizione estremamente variabile: ci sono, infatti, donne in cui non causa alcun sintomo, donne in cui provoca una sintomatologia lieve e donne in cui si manifesta con disturbi profondamente rilevanti e fastidiosi. I principali sintomi sono la dismenorrea (dolore mestruale) più o meno intensa; la dispareunia e cioè il dolore genitale e in zona pelvica durante i rapporti sessuali; menorragia e metrorragia (perdita abbondante di sangue mestruale o al di fuori del ciclo) ma che compaiono con minore frequenza ed evidenza rispetto al sintomo “dolore”. Dal punto di vista prognostico, la complicanza che più preoccupa è l’infertilità che riguarda il 30 – 40 % delle pazienti. Ovviamente non tutte le donne che hanno mestruazioni dolorose sono affette da endometriosi così come l’infertilità può essere legata a molte altre cause: però di fronte a situazioni come quelle descritte, è sempre opportuno non sottovalutare la possibile coesistenza di una condizione endometriosica.
Una corretta raccolta dei dati anamnestici, un’accurata visita ginecologica ed una attenta ecografia transvaginale sono i principali strumenti su cui si fonda una possibile diagnosi di endometriosi; diagnosi non sempre facile da porre per cui in alcuni casi si può ricorrere ad indagini radiologiche più approfondite come la risonanza magnetica e la TAC. Un parziale aiuto può provenire dal dosaggio del Ca 125, un marker tumorale non specifico dell’ovaio che, in condizioni di endometriosi, può indicare un moderato aumento. Ovviamente la diagnosi più attendibile è laparoscopica perché soltanto in questo modo è possibile definire localizzazione, volume, numero e gravità delle lesioni endometriosiche.
Tra i trattamenti proposti per l’endometriosi l’uso dell’estroprogestinico o del solo progestinico (pillola) è capace di migliorare il quadro sintomatologico in quanto abolisce la stimolazione ormonale e la crescita degli impianti endometriosici. È importante che tali preparati vengano assunti continuativamente per evitare lo sfaldamento dell’endometrio simil-mestruale che favorisce un ulteriore passaggio di endometrio attraverso le tube. Altra possibilità terapeutica è quella di ricorrere ai cosiddetti analoghi del GnRH, farmaci che bloccano totalmente la stimolazione delle ovaie e quindi la produzione ormonale creando un quando endocrino e clinico di menopausa iatrogena (con gli inevitabili effetti collaterali quali vampate di calore, secchezza vaginale, aumentato rischio di osteoporosi). Ci sono poi altre scelte terapeutiche (leuprorelina, derivati dagli androgeni come il danazolo e il gestrinone, ecc.) che devono essere sempre attentamente valutate e personalizzate sulla base di un attento counseling da parte del ginecologo. Riguardo alla terapia chirurgica, questa rappresenta sempre la scelta principale quando la situazione è molto complessa o poco responsiva alla terapia medica; oggi però vi si ricorre meno frequentemente che in passato a causa delle frequenti ricorrenze della malattia che si preferisce dunque controllare meglio con la terapia medica.
L’endometriosi è una malattia altamente invalidante ed è per questo che è inserita nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti, negli stadi clinici più avanzati (“moderato o III grado” e “grave o IV grado") riconoscendo a queste pazienti il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo.
In conclusione, nonostante le caratteristiche di drammaticità che tale patologia può assumere, la prevenzione e la diagnosi precoce restano sempre gli strumenti più efficaci per instaurare una terapia adeguata e tempestiva al fine di consentire a coloro che ne sono affette una convivenza quanto più serena e accettabile.
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